Translate

giovedì 9 ottobre 2014

L'AMICO (Racconto)

L’AMICO
Di Mario Stilli

Quando lo incontro in strada è sempre molto indaffarato nelle sue fac-
cende. Capita di salutarsi, o al massimo di scambiare quattro battute.
Succede solo durante una delle mie serate solitarie che, talvolta,
egli bussa alla mia porta.

Le nostre strade sono diverse, ormai. O forse è solo una questione di
interpretazioni personali degli stessi ideali.
Egli parla, mostrandosi per quello che è, cioè non ha problemi verso se
stesso: voglio dire che tutto quello che egli rappresenta al momento
attuale, giusto o sbagliato che sia, lo manifesta senza esitazioni.
Ma è solo quando lui, saggiamente, si dimentica dei suoi falsi miti,
che riesce ad evocare alcune immagini; queste sono uno stimolo, un
palesarsi di ricordi che tornano vivi nella mente, purtroppo momentanea-
mente velati e riposti in qualche recondito angolo della memoria.
Immagini dunque, ma in quale modo costruttive? Cioè, retrospettivamente
criticandole od elogiandone i pregi, quale contributo esse danno alla
nostra quotidianità attuale, e in quale misura? Vorrei riuscire,
o che riuscissimo a capire questo.
Quando si sono trascorse insieme l'infanzia e l'adolescenza, evidente-
mente sono state poste delle basi insieme per la vita futura.
Quando, come sempre succede, le strade si dipartono l'una in direzione
diversa dall'altra, capita dunque, nei momenti di riflessione, di ricer-
care quelle basi; ciò possiamo farlo singolarmente, a livello di ragio-
namento individuale, oppure assieme: sicuramente è la seconda possi-
bilità la più piacevolmente costruttiva.
L'amico è con me, parla, evoca ricordi. Dunque rivedo strade, luoghi e
situazioni vissuti venti anni fa. L'amico ravviva i colori di quelle
scene come se fossero fotografie sbiadite dal tempo e riportate alla
loro bellezza iniziale. A momenti è come se le avessi davanti agli
occhi, nuovamente, come allora; percepisco i suoni e riconosco gli
odori: rivedo improvvisamente un orto, una panchina su una strada isola-
ta e terrosa; rivedo due bambini che sentono dentro i loro cuori il
pulsare furioso della vita, come un'energia pura e sublime che spinge il
loro comportamento verso infinite direzioni, e sprona il dischiudersi
della loro giovinezza verso quegli ideali meravigliosamente puri, che la
conduzione del nostro odierno vivere ci ha portato a sporcare secondo
quella che chiamano maturità, ovvero triste adeguarsi alla tetra
etica del vivere di oggi.
Tu, amico, mi parli adesso ai una scena che hai vissuto. Mi narri di te
in una piccola aia con la panchina di pietra, in mezzo alle case del
vecchio borgo del paese. Ti rivedi bambino, stai giocando col pallone.
E adesso mi racconti il fatto attuale: che ritrovandoti in quel posto
dopo anni, ti sono venute le lacrime agli occhi, perchè ti sembrava che
il tempo non fosse mai trascorso e quel bambino, quell'immagine di
bambino spensierato era ancora là, intatta ed inalterata.
Ma io ti domando a questo punto, amico mio, se forse alla tua vita di
oggi manca qualcosa; vorrei capire cosa significa quel tuo ardente
rievocare gli anni della fanciullezza; eppure ti dico che anche per me,
e forse per tutti, ricordare visivamente certe atmosfere rappresenta una
grande espressione di significati; però, ripeto, vorrei effettivamente
comprendere quanto queste immagini contribuiscano efficacemente
alla nostra esistenza di uomini.
Ma ecco che afferro qualcosa; interpreto a modo mio, forse, ma vorrei
che così fosse anche per te. Vorrei che anche tu avessi così ripreso
dal tempo trascorso certe impostazioni e certi atteggiamenti dell'animo.
Ieri il bambino, in particolare quello che si sta affacciando al periodo
importante del1'adolescenza, non si sente più tale: cioè egli non è più
un infante, ma pur sempre conserva integra, del bimbo che vive dentro di
lui, tutta la sua purezza; intendo purezza, amico, nel senso di capacità
di accostarsi alla vita in maniera spontanea, cioè senza vizio
intrinseco. Progredendo con l'età le scelte e le interpretazioni della
realtà sono sempre più contorte ed incanalate filtrandole attraverso la
morale comune, altresì chiamata anche regola della convivenza.
Voglio dire che il bambino si lascia affascinare da tutto ciò di bello
verso cui prova attrazione, ma lo fa in maniera innocente; cioè non
esistono proprio motivi di interesse gretto o secondi fini; qui si parla
di aspirazione al bello, alla gioia pura interiormente pulita cioè come
sensazione essenziale e spontanea, ma soprattutto assolutamente non
viziata da un certo incanalamento delle idee verso schemi prefissati dal
mondo degli adulti, che purtroppo si dimenticano troppo spesso di
quando erano piccoli.
Mi sembra evidente che il bambino viva la propria esistenza a livello
fisiologico, ossia come bisogni primari volti al soddisfacimento delle
proprie necessità. Ma quello che mi preme ribadire è il tipo di atteg-
giamento del fanciullo: questa naturalezza intrinseca in un animo giova-
ne porta ad un accostarsi al vivere veramente genuino; l'unica sponta-
neità reale sta là, in quell'atteggiamento vitale.
Un esempio dei più lampanti lo troviamo durante il periodo della
scoperta della sessualità da parte del soggetto; essa avviene primaria-
mente, cioè nella sua sostanza essenziale, in modo del tutto naturale,
ovvero animalesco. Vengono però istantaneamente introdotte delle
storture, i più vari tipi di regole morali e convenzioni, ammettendo in
tal modo l'imperfezione dello stato naturale dell'essere umano, e così
rinnegando la natura che dovrebbe essere la prima nostra guida.
Ancor peggio, si insegna talvolta ai ragazzi la mercificazione del
sesso, il modo per dare un prezzo ad una parte del corpo, ovviamente a
fini di interesse economico nella vita: caso palese quello dei matrimoni
d'interesse.
Ora, caro amico, vorrei che tu dissolvessi il mio dubbio principale.
Prima di tutto vorrei affermare, se tu me lo confermi, che la tua non è
assolutamente una forma di regressione infantile. Non penso proprio che
tu voglia in qualche modo tornare materialmente a quei giorni felici.
Vorrei solo (e di questo sarei felice), che tu tendessi fortemente al
recupero di certi atteggiamenti a cui mi riferivo pocanzi. Ovvero vorrei
che anche tu, come me, avessi pienamente compreso la magnificenza e la
stupenda realtà di un'anima innocente nel suo accostarsi progressivo
e naturale al mistero dell'esistenza.
Vorrei che anche tu, come credo di aver fatto io, comprendessi adesso
quelli che penso debbano essere i veri valori per un individuo: valori
questi che assomigliano sempre di più, per numero e qualità carat-
teristiche, a quelli stessi a te tanto cari e cioè quelli della
tua e nostra infanzia e giovinezza.
Pensa ancora una volta a ciò che per noi significavano tali orizzonti:
essi costituivano costante speranza e fede nel futuro; una sicura
interpretazione, un filtro attraverso cui scoprire ed osservare tutte le
rivelazioni del vivere quotidiano.
Ora vorrei chiederti se ho bene interpretato quel tuo rievocare il pas-
sato. Vorrei che tu mi dicessi se veramente c'è qualcosa che adesso ti
viene a mancare e se questo qualcosa sta proprio nella vitalità che
adesso non abbiamo più.
Questo forse perchè abbiamo raggiunto quello che volevamo? Forse perchè
adesso godiamo di molti beni materiali di cui prima non potevamo
usufruire? Era questo che ricercavamo? La possibilità di gestire in pri-
ma persona la facoltà di conquistare o di accumulare dei tesori
fatui e illusori?
Vorrei, amico mio, che pensassimo al perchè, venti anni fa, la nostra
vita aveva sempre e comunque il sapore della scoperta; ogni emozione,
anche la più effimera, conteneva in se il profumo dell'avventura
intesa come rivelazione di un mistero nascosto.
E adesso, sapresti spiegarmi perchè oggi tutto ha un sapore stantio,
perchè non c'è più niente da scoprire?
Vorrei dirtelo io, e credo di non sbagliarmi.
I nostri ideali, che poi sono stati e saranno gli ideali comuni a tutti,
cioè quelli dedotti dal nostro stato naturale, erano sì giusti,
grandi e bellissimi; ma essi sono stati traditi: non da noi stessi, che
li abbiamo solo deviati dall'obiettivo finale, ma dalla vita stessa;
cioè da quella medesima che porta degli esseri umani, nati e cresciuti
in modo autentico, a tradire valori come amicizia, socialità e gioia,
per inseguire dei feticci ammalianti che portano inevitabilmente
l'individuo ad una insoddisfazione senza fine.
Non credi sia solo questo il motivo, importante mi sembra, per cui
tu rimpiangi il passato?
Vorrei che tu, amico, fossi giunto alle mie conclusioni e sarei felice
se tu opponessi ad una certa vita, troppo spesso ormai monotona ed
usuale, un netto rifiuto: un opporsi all'accettazione di tanti valori
illusori e tristi che il mondo vorrebbe farci accettare per veri.
Torniamo, se vuoi, anche solo per un momento, alla felicità delle picco-
le cose, a quelle emozioni, a quegli occhi di bambini, a quello sguardo
sincero verso la vita che essa stessa, oggi, sta spegnendo.
Torniamo ad osservare il mondo, ad apprezzare il bello, e quei due
bambini ritorneranno a vivere, se non nel fisico, almeno nel morale.
Riconquistiamo il gusto dell'esistenza come piacere della scoperta.
La felicità vive nella capacità di sapersi ancora emozionare, di
nutrire i nostri cuori ogni giorno con qualcosa di vero e di nuovo
per noi stessi.
Il dialogo è concluso. L'amico ha mostrato interesse per ciò che
abbiamo detto, così come l'ho manifestato io. E' già notte inoltrata,
quando ci salutiamo. Mi raccomanda di farmi vedere più spesso, ormai
i nostri contatti non sono molto frequenti.
Ti saluto, amico mio, e ti ringrazio veramente di cuore per le immagini
che riesci a riportare vive e luminose davanti ai miei occhi. Ti rin-
grazio per tutti i ricordi dei giorni che abbiamo costruito insieme
e per quell'età vissuta con felicità e spensieratezza; momenti che
non potranno mai più ritornare.











Nessun commento:

Posta un commento