FLYING HEARTS
di Mario Stilli
La strada si insinuava dolcemente tra le basse collinette che si trovano quando, lasciata la città per le tortuose stradine di campagna, improvvisamente ci troviamo a notare il nettissimo stacco tra la rigida struttura urbanistica della metropoli ed il formarsi repentino di un paesaggio campestre. Non era una giornata particolare ed Elena e Dario, in quel pomeriggio invernale, avevano deciso di prendere quella strada senza alcun motivo specifico. Il tempo era piuttosto mite e qualche raggio di sole pallido di tanto in tanto illuminava fiocamente la campagna. Dario era andato ad attenderla sotto casa, come sempre; la ragazza, scorgendo
dalla finestra di camera sua la vecchia auto bianca di lui, si era subito messa sciarpa e giubbotto neri ed era corsa in strada. Una musica molto ritmata, ma dolcissima al tempo stesso, proveniva dagli altoparlanti dell'auto ed ella, sedendosi accanto al ragazzo, che come al solito fumava, notò quello strano ed aromatico profumo che emanava la pelle di lui, meravigliosamente fuso con quell'odore di tabacco bruciato che permeava tutta l'aria dell'abitacolo. “Dove andiamo?” disse lui, dopo averla baciata sulle labbra. “Non so...” fece Elena, e scosse le spalle. Così Dario aveva portato il volume sonoro della musica ad un livello molto alto (questo pareva trasmettergli energia alla mente); ingranò la marcia e si fece guidare dalla casualità delle scelte: “Questa via mi piace, quest'altra è triste e squallida...”. E così si erano trovati per quella strada piena di curve e saliscendi, attorniata da alcuni alberelli spogli; un silenzioso fiumiciattolo scendeva lento dalla montagna e, guidando, lo si poteva vedere di tanto in tanto col suo fluire muto e pacato, quasi timido in confronto allo sporadico passare di quei mostri metallici e lucenti sulla strada ad esso parallela. “Saliamo in collina?” chiese lui. “Questo procedere nel verde mi piace” Elena annuì. “Chissà perchè, ma il cofano dell'auto che avanza lento e regolare tra il muretto sul fiume da una parte ed i campi dall'altra, mi dà oggi il gusto della scoperta, il sapore dell'avventura...”. “Andiamo a...” e disse il nome di un paese di mezza montagna che si trovava a pochi chilometri. “Bene” fece lui, mentre diminuiva il volume sonoro, onde portarlo ad un livello che consentisse loro di poter dialogare. Ed effettivamente tra i due giovani c'era sempre stata una grande capacità di parlare; a volte addirittura non avevano nemmeno bisogno di spendere parole e l'intesa veniva raggiunta con uno sguardo, una stretta di mano, o l'improvviso oscurarsi del volto. Quando poi quei due teneri cuori sembravano battere all'unisono, spesso succedeva che l'accordo tra quelle due anime gentili si rivelasse attraverso frasi o parole anche semplici, ma meravigliosamente armoniche; tanto che al suo manifestarsi, essi stessi si stupivano di come il loro dialogo fosse bello, espressivo e puramente comunicativo. L'unico loro problema era che, quando si incontravano, non si accorgevano di essere ancora leggermente influenzati, o forse fortemente inquinati, dall'ambiente in cui si trovavano un attimo prima; così, prima di poter entrare in quel loro strano e gioioso universo di coppia, occorreva un certo tempo, a volte troppo. Così succedeva che talvolta le loro menti vagassero libere nei cieli della fantasia e della speranza, ma ognuno per proprio conto, come due strumenti musicali che eseguono la loro melodia, ma ai quali manca una base ritmica per consentire loro di esprimersi in accordo nell'armonia del suono. Incontrare quella ragazza era stata per Dario una specie di rivelazione. Egli, appena la vide, pensò a lei come ad una entità meravigliosa per un motivo unico e semplice, ma di grandissima importanza. Il ragazzo, attribuendosi un sesto senso istintivo, pensava di riuscire a capire il carattere ed i pensieri delle persone al solo vederle. Ed in parte questo era anche vero: lo aveva dimostrato a se stesso in varie occasioni. Dunque Dario, vedendo Elena, pensò di identificare in lei una persona capace di recepire le sue tendenze, ma anche le sue stranezze, i suoi dubbi e le sue capacità. Egli era talmente convinto di aver finalmente incontrato la persona che lo avrebbe compreso interiormente, che non gli sembrava vero. Era felicissimo di questo, ma la sua incredulità (forse dettata dalla constatazione delle difficoltà del suo carattere ), su ciò che gli stava accadendo, faceva sì che Dario si rivolgesse spesso ad Elena con questa frase: “Sarebbe troppo bello se tu fossi veramente come sembri”. “Ma io sono così, come tu mi vedi e come mi hai conosciuto” ripeteva ogni volta ostinata la ragazza, anche se in fondo non era troppo convinta di ciò che diceva. Quel ragazzo le era piaciuto subito; Elena aveva sentito dentro di sé una forte influenza ed attrazione per lui. Lo vedeva così diverso rispetto alle persone che ella conosceva; ma questo non perchè Dario facesse cose eclatanti o comunque strane o particolari. In verità era un ragazzo con delle abitudini più che normali, forse anche troppo consuete. Ciò che di lui affascinava dolcemente la ragazza era quel suo singolarissimo modo di accostarsi alla vita; il suo esclusivo ed incisivo esporre un concetto, il suo amorevole modo di parlarle. Poi la entusiasmava il fatto che Dario non desse mai niente per definito; nulla per lui era assoluto e quando, con i suoi occhi che amavano tanto osservare, cercava di cogliere la poesia che è nascosta anche nei gesti quotidiani e apparentemente insignificanti, ella sentiva il suo cuore colmarsi di tenerezza.per avere al suo fianco una persona che esprimeva dolcezza anche quando tutto sembrava volgere ad un tetro e triste susseguirsi monotono ed abitudinario. “Dario” gli sussurrava, “non ho mai amato nessuno come te...” e nell'apparente normalità di questa frase il ragazzo sapeva che c'era una grande una grande verità: che questa non era la solita frase di primo entusiasmo dettata dal trasporto emozionale che conosceva in Elena per lui. In frasi come quella egli vedeva una cosa magnifica, sulla cui esistenza in questo mondo cominciava ad avere dei sei dubbie cioè la spontaneità sincera e vera. Questo era il valore più importante per lui e per il quale Dario sentiva di voler bene profondamente ad Elena. Tutto ciò che aveva vissuto fino a quel momento con lei gli sembrava solo una grande e dolcissima musica senza alcuna stonatura. Anche se i due giovani si fossero separati quel giorno stesso, niente nel loro rapporto sarebbe potuto sembrare, guardandolo retrospettivamente, come falso o forzato; era veramente un amore puro, perchè genuinamente espressione di due anime e due corpi sinceramente protesi nell'atto di mostrarsi, veri e splendenti, l'uno all'altro, per raggiungere finalmente qualcosa do costruttivo, insieme; grandi o piccole emozioni non importa, purchè meravigliose ed autentiche espressioni scaturissero dai loro cuori. “Eccoci al paese” fece lei con due sigarette in bocca (stava accendendo per entrambi). “Dario” proseguì Elena, “da quando ci vediamo mi sta succedendo qualcosa di strano...”. Lui ascoltava senza distrarsi dalla guida. Si protese leggermente verso di lei per poter prendere tra le labbra la sigaretta che gli veniva porta. La musica fluttuava libera nell'aria ed un leggero alito di fresco penetrava all'interno dell'auto dal finestrino socchiuso. “Non ero mai stata felice nel fare le cose in fondo più normali tra gente normale...” riprese Elena “accanto a te tutto diventa più colorato; tu sai cogliere ciò che di bello c'è nella musica, in un bosco, ma soprattutto in ciò che sembra a prima vista convenzionale e monotono e di questo sono felice perchè sono convinta che principalmente la felicità e la gioia interiore vadano ricercate in noi stessi, cioè nel nostro modo e nella nostra capacità di interpretare l'esistenza attraverso il nostro amore, che rappresenta la nostra forza più grande, l'arma vincente per riuscire ad esprimere noi stessi. Il paese aveva un aspetto molto classico, cioè quello del tipico paesino di montagna con la piazza, la fontana, i giardini con le panchine e la chiesetta. Tutto molto usuale, molto normale. Eppure nei due ragazzi stava succedendo qualcosa di semplice ma assolutamente straordinario: essi si stavano rendendo conto, pur senza spendere una parola sull'argomento, di essere veramente riusciti,nel loro intimo, nella parte più profonda della loro anima, ad avvicinarsi a quella armonia interiore che tanto avevano cercato e inseguito e della quale tanto avevano teorizzato. “Proprio oggi, in questo giorno apparentemente usuale” disse Dario, “mi sento assolutamente capace di poter manifestare me stesso come una entità assolutamente armonica...”; doveva aver assunto una di quelle sue espressioni a metà tra l'ispirato e l'estasiato; tanto fu che Elena prima lo guardò con gli occhi pieni di dolcezza, poi scoppiò a ridere proprio di gusto, ma così di gusto che Dario per un attimo si adombrò in viso e stava per offendersi, ma tutto durò solo un istante. “Dario, sognatore stupido e meraviglioso, semplice e assolutamente complesso; Dario, tu, proprio oggi, in questo pomeriggio normale, tra gente normale, in questo posto normale, anzi quasi un po' triste, mi parli di armonia, felicità interiore e gioia che nasce e cresce dentro di noi e sorge solo da noi stessi”. “Proprio oggi, mentre tutti se ne vanno in giro sulle autostrade inseguendo cose che solo loro sanno; oppure dentro alle discoteche, o nei cinema o in chissà o in chissà quanti altri posti; tu, Dario, mi inciti a scoprire e ad esaltare il mio animo interiore verso un manifestarsi di maturità ormai , a tuo giudizio, pronta per essere scoperta”. Dario, a quelle parole, sorrise subito e quella intesa che c'era fra i due fece il resto: Elena infatti stava solo scherzando, nel senso che le sembrò di aver assunto un tono troppo sacrale e lui questo l'aveva capito dalle prime parole. La concordanza di vedute fra i due giovani era veramente un fatto concreto e appurato da entrambe le parti. Così questa finta contesa si risolse in un bacio ed un abbraccio. Ripresero l'auto dalla piazzetta e si rimisero in marcia. Erano adesso un po' fuori dal paese e ,sulla destra, videro un cartello indicante la stazione ferroviaria. Solo che, stranamente, la suddetta stazione non si trovava al livello delle case ma, osservando bene tra le case su in alto, la si vedeva molto più elevata di esse; sembrava appunto insolito un paese con il treno che passa a molti metri sopra i tetti delle abitazioni. Comunque si capiva che la posizione delle stesse era quasi sul fondo di quella valletta,cioè tra un versante e l'altro, e che la strada ferrata, evidentemente appartenente ad una linea di montagna, serviva agli abitanti del posto, anche se per utilizzare quel servizio dovevano percorrere una bella salita. La strada non era lunga , ma ripida e sterrata; in alcuni punti era ricoperta si ghiaia.In breve i due arrivavano in quella stazioncina. Non c'era anima viva, neanche il personale di servizio: evidentemente quel tratto di linea era stato automatizzato e non necessitava dell'intervento dell'uomo. Entrarono: Gli occhi curiosi cominciarono ad osservare tutto: di nuovo la felicità nelle cose semplici;forse davvero un'illusione giovanile ma pur sempre una meraviglia rispetto ad altri consueti grigiori e banalità. “Questa piccola stazione,questa sala d'attesa con la panca di legno, la nicchia nel muro con la griglia per la biglietteria ormai chiusa da anni, sono un sogno” disse Elena, sedendosi; Dario che stava guardandosi in giro, si fermò subito. Si mise davanti a lei, le ginocchia piegate ed i gomiti sulle sue gambe, gli occhi negli occhi. “Ti ascolto” disse con un filo di voce, “so quello che stai per dirmi e ciò costituisce la forza della mia felicità, la speranza e sempre più spesso la certezza di avere vicino a me la persona che è entrata veramente nel mio animo e che comprende forse i miei pensieri senza bisogno di parole o di grandi teorie”. Smise di parlare e senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi di Elena, le poggiò il mento sulle ginocchia. “Dario, quello che tu aspetti da me forse non ha bisogno di molte frasi; vorrei solo che tu avessi provato quello che ho provato io osservando questo piccolo ambiente; vorrei che tu percepissi la mia felicità come la avverto io, quasi materialmente; Dario, io sento il tuo ed il mio corpo e le nostre anime unite e vibranti all'unisono; mi sto annullando di tenerezza e di abbandono verso di te”. “Guarda questo posto, guarda i muri spogli, guarda com'è singolare quel vano nella parete dov'era la biglietteria, immagina il viso dietro a quella griglia di ferro che ti dà il biglietto per il tuo viaggio, comprendi che qui si respira l'aria del passato; tocca la panca, senti al tatto il legno, l'odore che emette, senti il profumo che c'è qui dentro; lo so, sa un po' di muffa, di consunto, ma è la sua particolarità più affascinante. Pensa alla gente che è passata da qui, a quelli che sono morti, a quelli che passeranno da questa stanza; ognuno lascia qualcosa della sua anima, di se stesso; solo in posti come questo si respira la vita: tutto è pur sempre effimero e passeggero, ma in posti come questo ti ripeto che si respira la vita, si respira l'interpretazione dei nostri cuori, della nostra e della breve esistenza di tutti gli uomini in questo mondo apparentemente così triste e problematico”. Dario non parlò. Non fece alcun commento, ma il suo animo era colmo di gioia pura perchè effettivamente egli otteneva sempre di sentire da Elena esattamente ciò che da lei si aspettava. Così era accaduto ancora una volta. La baciò ancora, teneramente. Distaccandosi, Elena si accorse che il ragazzo aveva gli occhi pieni di lacrime. “Vogliamo tornare?” chiese Dario. “Vedi Elena” disse appena fuori dalla porta , con un sorriso che appena traspariva dalle sue labbra, “io mi rendo conto di osservare tutto con gli occhi di un bambino...”. “Ma questo” proseguì con sottile ironia “mi dà fiducia in me stesso perchè questo sguardo curioso contribuisce al manifestarsi in me stesso della mia propria felicità interiore . Trovo sempre più spesso una grande gioia nell'osservare, analizzare l'armonia delle cose...”. Elena, che era al suo fianco, lo prese per il braccio, gli passò le dita tra i capelli dolcemente e lo tirò a sé. “Dario, quei tuoi occhi sognatori sono veramente quelli di un bambino ma , cancella ogni traccia di ironia verso te stesso e verso questi occhi meravigliosi; non sentirti minimamente e nemmeno per un attimo dubbioso sulla bellezza e validità di quel tuo sguardo; dimentica, se esiste, il pensiero che qualcuno possa schernirti per quel tuo modo di interpretare la realtà. Dario, hai fatto un'altra grande constatazione di verità. I tuoi occhi sono quelli di un bambino, ma tu non cambiare mai: aiutami sempre di più ad entrare nel tuo stesso sguardo, insegnami ad osservare e ad amare, regalami se puoi ciò che vive dentro al tuo cuore pieno d'amore”. Cominciava ad imbrunire ed un leggero vento freddo aleggiava sottile e sinuoso. Salirono un po' infreddoliti sull'auto. Ascoltarono ancora della musica, tornando; quando la guida lo permetteva Dario Stringeva la mano di lei. Elena fumava con gli occhi bassi e uno struggente sguardo di tenerezza la cullava dolcemente. Oltrepassarono la piazzetta, il paese e velocemente la sagoma dell'auto scomparve tra la fila degli alberi ed il fiume. Lassù, nella piccola stazione, erano state accese le luci. A minuti sarebbe arrivato il primo treno della sera. Nessun viaggiatore in attesa. Un leggero profumo permeava ancora l'aria: era aromatico e dolcissimo. Nella sala d'attesa calava il silenzio della sera ed il colore dell'imbrunire stava ammantando le cose con la sua violacea e vellutata tinta, che lentamente avvolgeva ogni forma. Dalla strada ferrata, oltre una curva contornata da alberi spogli, si udì un fischio acuto e si cominciò a sentire lo sferragliare del treno. All'interno, sulla vecchia panca di legno consunto, nessuno: solo un lungo capello castano chiaro, ed una lacrima d'amore.
dalla finestra di camera sua la vecchia auto bianca di lui, si era subito messa sciarpa e giubbotto neri ed era corsa in strada. Una musica molto ritmata, ma dolcissima al tempo stesso, proveniva dagli altoparlanti dell'auto ed ella, sedendosi accanto al ragazzo, che come al solito fumava, notò quello strano ed aromatico profumo che emanava la pelle di lui, meravigliosamente fuso con quell'odore di tabacco bruciato che permeava tutta l'aria dell'abitacolo. “Dove andiamo?” disse lui, dopo averla baciata sulle labbra. “Non so...” fece Elena, e scosse le spalle. Così Dario aveva portato il volume sonoro della musica ad un livello molto alto (questo pareva trasmettergli energia alla mente); ingranò la marcia e si fece guidare dalla casualità delle scelte: “Questa via mi piace, quest'altra è triste e squallida...”. E così si erano trovati per quella strada piena di curve e saliscendi, attorniata da alcuni alberelli spogli; un silenzioso fiumiciattolo scendeva lento dalla montagna e, guidando, lo si poteva vedere di tanto in tanto col suo fluire muto e pacato, quasi timido in confronto allo sporadico passare di quei mostri metallici e lucenti sulla strada ad esso parallela. “Saliamo in collina?” chiese lui. “Questo procedere nel verde mi piace” Elena annuì. “Chissà perchè, ma il cofano dell'auto che avanza lento e regolare tra il muretto sul fiume da una parte ed i campi dall'altra, mi dà oggi il gusto della scoperta, il sapore dell'avventura...”. “Andiamo a...” e disse il nome di un paese di mezza montagna che si trovava a pochi chilometri. “Bene” fece lui, mentre diminuiva il volume sonoro, onde portarlo ad un livello che consentisse loro di poter dialogare. Ed effettivamente tra i due giovani c'era sempre stata una grande capacità di parlare; a volte addirittura non avevano nemmeno bisogno di spendere parole e l'intesa veniva raggiunta con uno sguardo, una stretta di mano, o l'improvviso oscurarsi del volto. Quando poi quei due teneri cuori sembravano battere all'unisono, spesso succedeva che l'accordo tra quelle due anime gentili si rivelasse attraverso frasi o parole anche semplici, ma meravigliosamente armoniche; tanto che al suo manifestarsi, essi stessi si stupivano di come il loro dialogo fosse bello, espressivo e puramente comunicativo. L'unico loro problema era che, quando si incontravano, non si accorgevano di essere ancora leggermente influenzati, o forse fortemente inquinati, dall'ambiente in cui si trovavano un attimo prima; così, prima di poter entrare in quel loro strano e gioioso universo di coppia, occorreva un certo tempo, a volte troppo. Così succedeva che talvolta le loro menti vagassero libere nei cieli della fantasia e della speranza, ma ognuno per proprio conto, come due strumenti musicali che eseguono la loro melodia, ma ai quali manca una base ritmica per consentire loro di esprimersi in accordo nell'armonia del suono. Incontrare quella ragazza era stata per Dario una specie di rivelazione. Egli, appena la vide, pensò a lei come ad una entità meravigliosa per un motivo unico e semplice, ma di grandissima importanza. Il ragazzo, attribuendosi un sesto senso istintivo, pensava di riuscire a capire il carattere ed i pensieri delle persone al solo vederle. Ed in parte questo era anche vero: lo aveva dimostrato a se stesso in varie occasioni. Dunque Dario, vedendo Elena, pensò di identificare in lei una persona capace di recepire le sue tendenze, ma anche le sue stranezze, i suoi dubbi e le sue capacità. Egli era talmente convinto di aver finalmente incontrato la persona che lo avrebbe compreso interiormente, che non gli sembrava vero. Era felicissimo di questo, ma la sua incredulità (forse dettata dalla constatazione delle difficoltà del suo carattere ), su ciò che gli stava accadendo, faceva sì che Dario si rivolgesse spesso ad Elena con questa frase: “Sarebbe troppo bello se tu fossi veramente come sembri”. “Ma io sono così, come tu mi vedi e come mi hai conosciuto” ripeteva ogni volta ostinata la ragazza, anche se in fondo non era troppo convinta di ciò che diceva. Quel ragazzo le era piaciuto subito; Elena aveva sentito dentro di sé una forte influenza ed attrazione per lui. Lo vedeva così diverso rispetto alle persone che ella conosceva; ma questo non perchè Dario facesse cose eclatanti o comunque strane o particolari. In verità era un ragazzo con delle abitudini più che normali, forse anche troppo consuete. Ciò che di lui affascinava dolcemente la ragazza era quel suo singolarissimo modo di accostarsi alla vita; il suo esclusivo ed incisivo esporre un concetto, il suo amorevole modo di parlarle. Poi la entusiasmava il fatto che Dario non desse mai niente per definito; nulla per lui era assoluto e quando, con i suoi occhi che amavano tanto osservare, cercava di cogliere la poesia che è nascosta anche nei gesti quotidiani e apparentemente insignificanti, ella sentiva il suo cuore colmarsi di tenerezza.per avere al suo fianco una persona che esprimeva dolcezza anche quando tutto sembrava volgere ad un tetro e triste susseguirsi monotono ed abitudinario. “Dario” gli sussurrava, “non ho mai amato nessuno come te...” e nell'apparente normalità di questa frase il ragazzo sapeva che c'era una grande una grande verità: che questa non era la solita frase di primo entusiasmo dettata dal trasporto emozionale che conosceva in Elena per lui. In frasi come quella egli vedeva una cosa magnifica, sulla cui esistenza in questo mondo cominciava ad avere dei sei dubbie cioè la spontaneità sincera e vera. Questo era il valore più importante per lui e per il quale Dario sentiva di voler bene profondamente ad Elena. Tutto ciò che aveva vissuto fino a quel momento con lei gli sembrava solo una grande e dolcissima musica senza alcuna stonatura. Anche se i due giovani si fossero separati quel giorno stesso, niente nel loro rapporto sarebbe potuto sembrare, guardandolo retrospettivamente, come falso o forzato; era veramente un amore puro, perchè genuinamente espressione di due anime e due corpi sinceramente protesi nell'atto di mostrarsi, veri e splendenti, l'uno all'altro, per raggiungere finalmente qualcosa do costruttivo, insieme; grandi o piccole emozioni non importa, purchè meravigliose ed autentiche espressioni scaturissero dai loro cuori. “Eccoci al paese” fece lei con due sigarette in bocca (stava accendendo per entrambi). “Dario” proseguì Elena, “da quando ci vediamo mi sta succedendo qualcosa di strano...”. Lui ascoltava senza distrarsi dalla guida. Si protese leggermente verso di lei per poter prendere tra le labbra la sigaretta che gli veniva porta. La musica fluttuava libera nell'aria ed un leggero alito di fresco penetrava all'interno dell'auto dal finestrino socchiuso. “Non ero mai stata felice nel fare le cose in fondo più normali tra gente normale...” riprese Elena “accanto a te tutto diventa più colorato; tu sai cogliere ciò che di bello c'è nella musica, in un bosco, ma soprattutto in ciò che sembra a prima vista convenzionale e monotono e di questo sono felice perchè sono convinta che principalmente la felicità e la gioia interiore vadano ricercate in noi stessi, cioè nel nostro modo e nella nostra capacità di interpretare l'esistenza attraverso il nostro amore, che rappresenta la nostra forza più grande, l'arma vincente per riuscire ad esprimere noi stessi. Il paese aveva un aspetto molto classico, cioè quello del tipico paesino di montagna con la piazza, la fontana, i giardini con le panchine e la chiesetta. Tutto molto usuale, molto normale. Eppure nei due ragazzi stava succedendo qualcosa di semplice ma assolutamente straordinario: essi si stavano rendendo conto, pur senza spendere una parola sull'argomento, di essere veramente riusciti,nel loro intimo, nella parte più profonda della loro anima, ad avvicinarsi a quella armonia interiore che tanto avevano cercato e inseguito e della quale tanto avevano teorizzato. “Proprio oggi, in questo giorno apparentemente usuale” disse Dario, “mi sento assolutamente capace di poter manifestare me stesso come una entità assolutamente armonica...”; doveva aver assunto una di quelle sue espressioni a metà tra l'ispirato e l'estasiato; tanto fu che Elena prima lo guardò con gli occhi pieni di dolcezza, poi scoppiò a ridere proprio di gusto, ma così di gusto che Dario per un attimo si adombrò in viso e stava per offendersi, ma tutto durò solo un istante. “Dario, sognatore stupido e meraviglioso, semplice e assolutamente complesso; Dario, tu, proprio oggi, in questo pomeriggio normale, tra gente normale, in questo posto normale, anzi quasi un po' triste, mi parli di armonia, felicità interiore e gioia che nasce e cresce dentro di noi e sorge solo da noi stessi”. “Proprio oggi, mentre tutti se ne vanno in giro sulle autostrade inseguendo cose che solo loro sanno; oppure dentro alle discoteche, o nei cinema o in chissà o in chissà quanti altri posti; tu, Dario, mi inciti a scoprire e ad esaltare il mio animo interiore verso un manifestarsi di maturità ormai , a tuo giudizio, pronta per essere scoperta”. Dario, a quelle parole, sorrise subito e quella intesa che c'era fra i due fece il resto: Elena infatti stava solo scherzando, nel senso che le sembrò di aver assunto un tono troppo sacrale e lui questo l'aveva capito dalle prime parole. La concordanza di vedute fra i due giovani era veramente un fatto concreto e appurato da entrambe le parti. Così questa finta contesa si risolse in un bacio ed un abbraccio. Ripresero l'auto dalla piazzetta e si rimisero in marcia. Erano adesso un po' fuori dal paese e ,sulla destra, videro un cartello indicante la stazione ferroviaria. Solo che, stranamente, la suddetta stazione non si trovava al livello delle case ma, osservando bene tra le case su in alto, la si vedeva molto più elevata di esse; sembrava appunto insolito un paese con il treno che passa a molti metri sopra i tetti delle abitazioni. Comunque si capiva che la posizione delle stesse era quasi sul fondo di quella valletta,cioè tra un versante e l'altro, e che la strada ferrata, evidentemente appartenente ad una linea di montagna, serviva agli abitanti del posto, anche se per utilizzare quel servizio dovevano percorrere una bella salita. La strada non era lunga , ma ripida e sterrata; in alcuni punti era ricoperta si ghiaia.In breve i due arrivavano in quella stazioncina. Non c'era anima viva, neanche il personale di servizio: evidentemente quel tratto di linea era stato automatizzato e non necessitava dell'intervento dell'uomo. Entrarono: Gli occhi curiosi cominciarono ad osservare tutto: di nuovo la felicità nelle cose semplici;forse davvero un'illusione giovanile ma pur sempre una meraviglia rispetto ad altri consueti grigiori e banalità. “Questa piccola stazione,questa sala d'attesa con la panca di legno, la nicchia nel muro con la griglia per la biglietteria ormai chiusa da anni, sono un sogno” disse Elena, sedendosi; Dario che stava guardandosi in giro, si fermò subito. Si mise davanti a lei, le ginocchia piegate ed i gomiti sulle sue gambe, gli occhi negli occhi. “Ti ascolto” disse con un filo di voce, “so quello che stai per dirmi e ciò costituisce la forza della mia felicità, la speranza e sempre più spesso la certezza di avere vicino a me la persona che è entrata veramente nel mio animo e che comprende forse i miei pensieri senza bisogno di parole o di grandi teorie”. Smise di parlare e senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi di Elena, le poggiò il mento sulle ginocchia. “Dario, quello che tu aspetti da me forse non ha bisogno di molte frasi; vorrei solo che tu avessi provato quello che ho provato io osservando questo piccolo ambiente; vorrei che tu percepissi la mia felicità come la avverto io, quasi materialmente; Dario, io sento il tuo ed il mio corpo e le nostre anime unite e vibranti all'unisono; mi sto annullando di tenerezza e di abbandono verso di te”. “Guarda questo posto, guarda i muri spogli, guarda com'è singolare quel vano nella parete dov'era la biglietteria, immagina il viso dietro a quella griglia di ferro che ti dà il biglietto per il tuo viaggio, comprendi che qui si respira l'aria del passato; tocca la panca, senti al tatto il legno, l'odore che emette, senti il profumo che c'è qui dentro; lo so, sa un po' di muffa, di consunto, ma è la sua particolarità più affascinante. Pensa alla gente che è passata da qui, a quelli che sono morti, a quelli che passeranno da questa stanza; ognuno lascia qualcosa della sua anima, di se stesso; solo in posti come questo si respira la vita: tutto è pur sempre effimero e passeggero, ma in posti come questo ti ripeto che si respira la vita, si respira l'interpretazione dei nostri cuori, della nostra e della breve esistenza di tutti gli uomini in questo mondo apparentemente così triste e problematico”. Dario non parlò. Non fece alcun commento, ma il suo animo era colmo di gioia pura perchè effettivamente egli otteneva sempre di sentire da Elena esattamente ciò che da lei si aspettava. Così era accaduto ancora una volta. La baciò ancora, teneramente. Distaccandosi, Elena si accorse che il ragazzo aveva gli occhi pieni di lacrime. “Vogliamo tornare?” chiese Dario. “Vedi Elena” disse appena fuori dalla porta , con un sorriso che appena traspariva dalle sue labbra, “io mi rendo conto di osservare tutto con gli occhi di un bambino...”. “Ma questo” proseguì con sottile ironia “mi dà fiducia in me stesso perchè questo sguardo curioso contribuisce al manifestarsi in me stesso della mia propria felicità interiore . Trovo sempre più spesso una grande gioia nell'osservare, analizzare l'armonia delle cose...”. Elena, che era al suo fianco, lo prese per il braccio, gli passò le dita tra i capelli dolcemente e lo tirò a sé. “Dario, quei tuoi occhi sognatori sono veramente quelli di un bambino ma , cancella ogni traccia di ironia verso te stesso e verso questi occhi meravigliosi; non sentirti minimamente e nemmeno per un attimo dubbioso sulla bellezza e validità di quel tuo sguardo; dimentica, se esiste, il pensiero che qualcuno possa schernirti per quel tuo modo di interpretare la realtà. Dario, hai fatto un'altra grande constatazione di verità. I tuoi occhi sono quelli di un bambino, ma tu non cambiare mai: aiutami sempre di più ad entrare nel tuo stesso sguardo, insegnami ad osservare e ad amare, regalami se puoi ciò che vive dentro al tuo cuore pieno d'amore”. Cominciava ad imbrunire ed un leggero vento freddo aleggiava sottile e sinuoso. Salirono un po' infreddoliti sull'auto. Ascoltarono ancora della musica, tornando; quando la guida lo permetteva Dario Stringeva la mano di lei. Elena fumava con gli occhi bassi e uno struggente sguardo di tenerezza la cullava dolcemente. Oltrepassarono la piazzetta, il paese e velocemente la sagoma dell'auto scomparve tra la fila degli alberi ed il fiume. Lassù, nella piccola stazione, erano state accese le luci. A minuti sarebbe arrivato il primo treno della sera. Nessun viaggiatore in attesa. Un leggero profumo permeava ancora l'aria: era aromatico e dolcissimo. Nella sala d'attesa calava il silenzio della sera ed il colore dell'imbrunire stava ammantando le cose con la sua violacea e vellutata tinta, che lentamente avvolgeva ogni forma. Dalla strada ferrata, oltre una curva contornata da alberi spogli, si udì un fischio acuto e si cominciò a sentire lo sferragliare del treno. All'interno, sulla vecchia panca di legno consunto, nessuno: solo un lungo capello castano chiaro, ed una lacrima d'amore.
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